Carlo Giavarini, SITEB
Ferruccio Trifirò, Chimica e Industria

L’industria dell’asfalto è anche essa vittima dei problemi energetici degli ultimi tempi: il costo dei combustibili è salito alle stelle. In particolare, il gas naturale è usato in molte attività del settore stradale, essendo un combustibile relativamente “pulito”. In questa breve nota si esaminano due alternativa al gas che arriva tramite gasdotti, dalla Russia e da altri Paesi: il gas liquefatto (GNL) e il biogas. È chiaro che, a monte di tutto, si deve incrementare la produzione nazionale di metano, in calo a causa di inconsistenti problemi ambientali e ideologici.

il gas naturale liquefatto

Il GNL è costituito essenzialmente da metano (>90%), con “impurezze” di paraffine leggere (etano, propano) e si trova in fase liquida a temperatura di -161 °C. Prima della liquefazione e della immissione nei gasdotti deve essere sottoposto a opportuni trattamenti di purificazione (C. Giavarini,  Trattamento e Trasporto del Gas Naturale, Ed. Siderea, Roma 2009). Il GNL è utilizzabile, senza ulteriori trasformazioni, come carburante a basso impatto ambientale per la navigazione marina e per il trasporto pesante su strada a lunga distanza; l’elevata densità energetica lo rende infatti particolarmente adatto alle lunghe percorrenze, rispetto a GNC e GPL. Inoltre, il vantaggio del GNL rispetto al GPL e al GNC (gas naturale compresso) è
quello di essere disponibile laddove non ci sono gasdotti, come nelle isole, in località montane e in campagna. Il GNL può provenire da Paesi che non sono collegati a noi con gasdotti e quindi è possibile acquistarlo a un prezzo più basso e con maggiore sicurezza di rifornimento. Il problema è avere porti dove può arrivare il GNL e stazioni di rifornimento sul territorio. Il GNL, una volta giunto nei porti dove sono presenti i rigassificatori, viene scaricato e riscaldato, riportandolo allo stato gassoso (Fig.1); dopo aver raggiunto un adeguato livello di pressione, può essere immesso nella rete dei metanodotti. La filiera del GNL consiste in cinque fasi principali: la produzione del gas, il suo trattamento, la liquefazione, il trasporto del GNL e la rigassificazione. I rigassificatori rappresentano, quindi, un punto d’ingresso del gas, complementare ai metanodotti di  importazione dall’estero. La convenienza del GNL sta anche nel fatto che il volume del gas si riduce di circa 600 volte, rendendo economico il trasporto via mare da lunghe distanze e permettendo l’importazione di gas da molti Paesi lontani che non sono collegabili con metanodotti. Nel 2015 erano attivi in Italia 3 soli rigassificatori, a Panigaglia    (La Spezia), ad Adria (Rovigo) e a Livorno; nel 2022 questi sono ancora gli unici attivi nel nostro Paese, in quantonon è stato realizzato nessun altro impianto. Due di questi rigassificatori sono localizzati off-shore (in mare vicino alla costa) e questo crea, anche psicologicamente, maggiore sicurezza; essendo questi impianti lontani dalle città, non causano eventuali apprensioni alla popolazione locale. Il metano è un gas altamente infiammabile e per questo i rigassificatori presentono un certo livello di pericolosità. Occorre però dire che gravi incidenti nella manipolazione del GNL non si verificano da decenni e cioè da quando si sono introdotte adatte leghe (ricche di Nichel) per le tubazioni e gli stoccaggi criogenici. In pratica, la sicurezza è superiore a quella di raffinerie e industrie petrolchimiche.

La Fig. 2 mostra l’impianto di Adria e cioè il maggiore in Italia (8 miliardi di m3 /a), collocato su un’isola artificiale. L’impianto di Livorno è situato su una nave ancorata al largo della costa. Ulteriori tre impianti di dimensioni maggiori (Porto Empedocle, Brindisi, Gioia Tauro) erano stati progettati in dettaglio nella scorsa decade (e in quella precedente); almeno due di essi erano stati esaminati positivamente dal Consiglio Superiore dei LLPP, ma mai realizzati per l’opposizione delle locali amministrazioni o/e degli ambientalisti. Oggi quindi paghiamo la leggerezza irresponsabile di queste scelte Per poter importare più gas metano sotto forma di GNL, occorrerebbero altri terminali di gassificazione in aggiunta ai tre, fra l’altro piccoli, che l’Italia possiede. Ricordiamo che, ad esempio, il Giappone (Paese grande circa come l’Italia) ne possiede 26. L’iter per la costruzione di nuovi impianti nel nostro Paese è molto lungo e defatigante (mediamente oltre 10 anni) e comunque, alla fine, rischia  di essere bocciato per le resistenze locali. Considerato che oggi gli impianti di rigassificazione sono relativamente sicuri (statisticamente, più di una raffineria) tali resistenze hanno spesso una componente irrazionale, che comunque è difficilmente superabile. L’esperienza degli ultimi due decenni, che ha visto bocciare, anche in dirittura di arrivo, dei progetti molto dettagliati e finanziati, non ci fa  sperare su uno sblocco della nostra situazione nel breve periodo.

Il biogas e il biometano

Introdotte all’interno di grandi contenitori (Fig. 3) e riscaldate in condizioni anaerobiche, varie matrici organiche (biomasse)  danno origine, attraverso l’azione batterica, al biogas (Fig. 4 e 5).

Esso è costituito prevalentemente da CH4 e CO2 ; altre sostanze  presenti in minor percentuale sono ossido di carbonio, azoto, idrogeno e solfuro di idrogeno. Il biogas possiede un discreto potere calorifico e può essere convertito in calore e in elettricità. Il residuo della fermentazione è il digestato, un materiale liquido ad alto valore agronomico, utilizzato come concime e per fertilizzanti. Dal biogas si può ottenere, per depurazione, il biometano costituito da CH4 relativamente puro (dal 98 al 99%). Il comparto italiano del biogas nasce da una sinergia tra agricoltura, allevamenti e agroindustria col risultato di far nascere circa 2000 impianti, secondo i dati del Consorzio Italiano Biogas (CIB); il numero esatto non è facilmente valutabile, data la presenza di numerosi “micro-impianti”, basati su piccoli allevamenti, e di unità per il trattamento dei reflui e rifiuti urbani. Con una produzione di circa 1,7 miliardi di m3 di biogas, l’Italia sarebbe, sempre secondo i dati CIB, il quarto paese produttore del mondo, dopo Cina, USA e Germania In un documento del 30 gennaio 2022 dell’AssoGasMetano italiana sono riportati gli impianti di produzione di biometano in Europa (oltre 1000); l’Italia ne possiede 27che producono 220 milioni di m3 di biometano Fig.6)

Questo viene introdotto nella rete nazionale del gas o utilizzato in situ per produrre Bio-GNL per autotrazione. Per il biometano la dimensione degli impianti resta il maggior problema per soddisfare le esigenze italiane ed europee. La produzione dovrebbe essere “scaled up” rapidamente; ciò potrebbe richiedere anche adeguamenti della legislazione. Con un alto tasso di crescita, l’Italia è quindi tra i primi Paesi del mondo per diffusione di impianti di biogas, spesso però di modeste dimensioni; una piccola parte di essi effettua, come detto, trattamenti per ottenere dal biogas metano pressoché puro; il  biometano infatti è utile solo se è “di qualità”. In alcuni casi si arriva alla produzione di Bio-GNL e alla purificazione della CO2 , separata e impiegata per usi alimentari. Le previsioni CIB di crescita per il biometano sono ottimistiche (fino a 6,5 miliardi di m3 , a partire dagli attuali 220 milioni, entro il 2030). Ciò porterebbe un contributo significativo alla produzione di metano, in aggiunta a quello prodotto nazionalmente o importato via tubo (o come GNL).
L’utilizzo del biogas tal quale comporta l’emissione di discrete quantità di CO2 quelle prodotte dalla combustione del metano e quelle contenute nel biogas stesso. La produzione del biogas porta un contributo energetico limitato alla zona di produzione, ma ha comunque il grande vantaggio di ridurre la quantità di materiali inviati in discarica. La purificazione del metano contenuto nel biogas apre invece un orizzonte energetico molto più ampio,che permette di immettere CH4 nella rete nazionale, riducendo la dipendenza dalle importazioni dall’estero. Un contributo decisivo ai nostri fabbisogni di metano potrà però venire solo dallo sviluppo di impianti di maggiori dimensioni, attrezzati per la separazione e lo smaltimento (o/e riutilizzo)della CO2 Nel PNRR ci sono 2 miliardi di euro per aumentare la produzione di biometano.

Anche il Presidente Draghi ha recentemente confermato che dobbiamo investire sullo sviluppo del biometano,coerentemente con gli obiettivi del PNRR.

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