A due settimane circa dalla sua entrata in vigore (3 luglio 2018) e in attesa di alcuni chiarimenti e precisazioni ufficiali richiesti al Ministero di competenza (MATTM), proviamo a fornire qualche chiarimento sul decreto tanto atteso ma di non facile interpretazione.

Premessa
Il provvedimento originale, concordato al tavolo tecnico di consultazione tra Ministero e Associazioni di settore, era inizialmente composto da 17 articoli. Dopo il parere del Consiglio di Stato e la notifica alla Commissione europea, è stato notevolmente (e forse eccessivamente) semplificato ed è ora composto da soli 6 articoli e 2 allegati. Purtroppo contiene ancora lacune, refusi e imprecisioni che creano problematiche interpretative.

Vale però la pena ricordare fin da subito che il termine “fresato” d’asfalto o di conglomerato bituminoso, non appare mai nel testo essendo sostituito dalla locuzione “conglomerato bituminoso“, rifiuto (identificato dal Codice EER 17.03.02) proveniente da:

1.      operazioni di fresatura a freddo …,

2.      demolizioni di pavimentazioni ….. .

Nella presente circolare, il “fresato” è sempre un “rifiuto”!

Con il termine “granulato” di conglomerato bituminoso, si intende il fresato che ha cessato di essere un rifiuto a seguito della sua trasformazione in End of Waste.

Con il termine “impianto” si intende sempre il “sito” e non la macchina.

Con il termine “produttore” si intende sempre e solo il gestore dell’impianto in cui avviene la trasformazione in End of Waste. Non è colui che fresa o demolisce la pavimentazione stradale.

D.M. 28 marzo 2018 n° 69
Il FRESATO oggetto del presente decreto è inteso come un rifiuto che sottoposto ad un processo di trasformazione diventa NON RIFIUTO
(end of waste) e assume il termine di GRANULATO.

Tale trasformazione avviene nel momento in cui il “produttore” (ovvero il gestore dell’impianto autorizzato presso cui è depositato il fresato), fatte le analisi di cui all’art. 3 del presente decreto, emette la DDC (dichiarazione di conformità) in atto notorio.

Il “fresato d’asfalto” o anche lo “scarificato d’asfalto” (materiale proveniente dalla demolizione a blocchi del manto stradale) è quindi un RIFIUTO la cui disciplina in materia di gestione dei rifiuti, si applica integralmente fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

In pratica, per chi fresa e produce il “rifiuto”, per chi lo trasporta, nulla cambia, vige la disciplina dei rifiuti fino alla successiva trasformazione in End of Waste.

Quando il fresato cessa di essere rifiuto?
Il decreto 28 marzo 2018, n. 69 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2018), stabilisce proprio quando il fresato cessa di essere un rifiuto ai sensi dell’art. 184 ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) del D.lgs. 152/06 e diventa END OF WASTE.

Il fresato d’asfalto cessa di essere rifiuto se rispetta totalmente le seguenti 2 condizioni:

1.             Parte A dell’Allegato 1, è utilizzabile:

·         per la produzione di miscele bituminose a caldo della serie UNI EN 13108 da 1 a 7,

·         per la produzione di miscele bituminose a freddo,

·         per la produzione di aggregati legati idraulicamente (ovvero con cemento o calce) e non legati, in conformità alla norma UNI EN 13242.

2.             Parte B dell’Allegato 1:

a)      è stato verificato “visivamente” in ingresso;

b)      ha superato le verifiche richieste ovvero:

·         il Test di cessione, con i limiti massimi di concentrazione della tab. b.2.2;

·         gli IPA e l’amianto, con i limiti massimi di concentrazione della tab. b.2.1;

c)      sono state determinate le caratteristiche prestazionali (granulometria secondo EN 933-1 e natura degli aggregati secondo EN 932-3).

Per quanto riguarda i controlli visivi del fresato in ingresso, essi sono finalizzati a verificare l’assenza di materiale estraneo (legno, plastica, carta, ecc.) diverso dal conglomerato bituminoso, tramite le normali capacità sensoriali. Ricordiamo invece che il codice EER 17 03 02 (ex CER 17 03 02) è un “codice specchio” e pertanto vige l’obbligo di ricevere il materiale con analisi e certificati che dimostrino la corretta attribuzione del codice stesso.

Le analisi per le verifiche di cui al punto b) devono essere effettuate mediante il prelievo su lotti di dimensione massima di 3000 metri cubi, ad opera di un laboratorio certificato ovvero un laboratorio in cui operi un soggetto professionale abilitato ed iscritto al relativo ordine (biologi – chimici). I campioni devono essere prelevati secondo le metodiche definite dalla norma UNI 10802 che è una norma armonizzata per rifiuti destinati alle discariche (sarebbe stato più opportuno richiamare la norma EN 932-1 – metodi di prova per determinare le proprietà degli aggregati riciclati, in quanto più aderente alle previsioni del provvedimento in esame).

Cosa deve fare il Produttore
Fatte le verifiche e le analisi di cui sopra, il gestore dell’impianto in cui avviene la trasformazione del fresato (rifiuto) in “granulato” (End of Waste – non più rifiuto), redige una DDC dichiarazione di conformità sostitutiva di atto notorio (ex art. 47 del DPR 445/2000) con la quale attesta il rispetto delle condizioni e dei criteri previsti dal decreto stesso.
Questa autodichiarazione

·         viene predisposta per ciascun lotto, secondo il modello dell’Allegato 2;

·         inviata all’autorità competente e all’ARPA di riferimento territorialmente, mediante raccomandata A/R ovvero per via telematica, ai sensi dell’art. 65 del D.lgs. 82/2005 (PEC);

·         conservata presso l’impianto di produzione o presso la sede legale (si presume per 5 anni, in analogia alla conservazione dei campioni di granulato).

Il modello dell’Allegato 2 contiene dei refusi (es. il richiamo alla lettera f, anziché alla lettera d) dell’art. 2 comma 1 per il produttore) e richiede l’indicazione del “cantiere di provenienza” (probabilmente quello in cui è stato prelevato e asportato il fresato) accompagnato da documento di trasporto (supponiamo si intenda il FIR-formulario identificazione dei rifiuti).

Il produttore (gestore dell’impianto di trasformazione) è tenuto anche alla conservazione di un campione di granulato, prelevato dal singolo lotto al termine del processo di trasformazione, e conservarlo per 5 anni in modo tale da garantire la non alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche, affinché, in caso di dubbio, si possano ripetere le analisi. Per i Produttori registrati EMAS o in possesso della certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 vige una particolare disciplina per cui non sono tenuti alla conservazione dei campioni di granulato di cui sopra, a condizione che rispettino le indicazioni previste dall’art 5 comma 2.

IMPORTANTE !! Una volta che il fresato (rifiuto) è trasformato in granulato (non più rifiuto), tale resta ed è fuori dalla disciplina dei rifiuti.

Norme transitorie e nuove domande di autorizzazione

La maggior parte delle richieste di chiarimento degli Associati riguardano l’art. 6 (Norme transitorie e finali) e il comportamento da adottare. In attesa di chiarimenti ministeriali già avanzati, riteniamo giuste le considerazioni che seguono.

Il Decreto n° 69 è entrato in vigore il 3 luglio 2018 e da quella data decorrono i 120 gg entro cui il produttore (ovvero il gestore dell’impianto di trasformazione del fresato in granulato), titolare di autorizzazione per il recupero di conglomerato bituminoso in procedura ordinaria o semplificata, deve presentare l’istanza/comunicazione di aggiornamento alla Regione o alla Provincia. Il termine ultimo è quindi il 30 ottobre 2018.

L’istanza/comunicazione di aggiornamento, va effettuata ai sensi dell’art. 216 (operazioni di recupero) del D.lgs. 152/06 e deve citare il nuovo decreto ma non è precisato quale documentazione allegare. Potrebbe essere richiesto un aggiornamento del lay-out (planimetria dell’impianto) con l’indicazione delle aree in cui viene depositato il “granulato”, eventualmente accompagnato anche da una nuova relazione tecnica ma è ragionevole pensare che l’Ente destinatario della comunicazione non possa imporre nuove o diverse prescrizioni rispetto a quelle già richieste per le autorizzazioni in essere.

Ne deriva che fino alla data di presentazione dell’istanza di aggiornamento si continueranno ad adottare le prescrizioni contenute nell’autorizzazione per il recupero del fresato. Oltre tale data, e in attesa di una risposta per l’aggiornamento della autorizzazione (“… nelle more dell’adeguamento …”), il comma 2 dell’articolo 6 prevede che il granulato di conglomerato bituminoso (ossia il “non rifiuto” ottenuto dalla lavorazione del fresato) possa essere utilizzato se ha le caratteristiche di conformità di cui all’art. 3 del decreto, attestate mediante la dichiarazione di conformità di cui all’art. 4 del medesimo decreto.

Riguardo le domande di nuova autorizzazione di coloro che intendono avviare un’attività di produzione di granulato e di recupero, riteniamo che la richiesta debba seguire l’iter già indicato per le attività di messa in riserva R13 e di recupero R5, con un richiamo esplicito al presente decreto.

Su questi aspetti siamo in attesa dei chiarimenti e delle indicazioni che il MATTM dovrà dare non solo nei confronti degli operatori, ma anche degli enti locali preposti al rilascio delle autorizzazioni; pertanto ci riserviamo il diritto di modificare la nostra interpretazione non appena saranno disponibili pareri e chiarimenti ufficiali.