Il bitume possiede delle caratteristiche che lo rendono il materiale ideale per l’impermeabilizzazione: idrorepellente e flessibile, oltre ad avere un’ottima aderenza naturale, non assorbe acqua e può sopportare movimenti strutturali. E’ poi in grado di mantenere queste proprietà per un lungo periodo contribuendo in modo significativo alla durata della struttura e alla sua longevità. In questo senso, la sua sostenibilità è direttamente riconducibile al piano economico. La durata di vita e il mantenimento delle prestazioni delle membrane sono infatti comprovate per un periodo che in funzione della stratigrafia può arrivare a trent’anni passati i quali, applicando sull’esistente un nuovo strato di membrane, è possibile prolungare la vita in opera del sistema sino a novant’anni. Questa operazione presenta un duplice vantaggio: la maggiore durata di vita di tutto il sistema e il potenziamento della performance impermeabilizzante della copertura. Ma il bitume possiede solo una sostenibilità economica?

Riconducibili direttamente alla sostenibilità sociale e ambientale sono le operazioni di sensibilizzazione in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente. A partire dal 1 giugno 2008 in tutta l’Unione Europea è entrato in vigore il nuovo regolamento di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) che regola la fabbricazione, l’immissione sul mercato e l’uso di sostanze chimiche in quanto tali o in quanto componenti di preparati o articoli. Questo strumento informativo e di valutazione dei rischi derivati dall’impiego di prodotti chimici permette a tutti gli attori coinvolti nella catena di approvvigionamento ed uso degli stessi – produttori, importatori e utilizzatori finali – di tutelare la salute di sé stessi, degli altri e dell’ambiente circostante.

Nello specifico delle aziende associate Siteb, nel processo di produzione delle membrane, esse si impegnano a far si che il bitume venga gestito in condizioni di assoluta sicurezza e si accertano che i propri fornitori aderiscano alle condizioni dettate dal regolamento.

Altro argomento importante, dal quale non si può prescindere quando si affronta il tema della sostenibilità ambientale in questo settore, è la gestione degli scarti e dei rifiuti di membrana. Fonte centrale di consulenza e informazione in materia di coperture bituminose e membrane impermeabilizzanti è il Bitumen Waterproofing Association, voce autorevole dell’industria manifatturiera europea e dei suoi utenti. L’Associazione in questi anni si è resa promotrice di studi LCA (Life Cycle Assessment), ovvero l’analisi del ciclo di vita. Questa metodologia valuta l’insieme di interazioni che il prodotto ha con l’ambiente, includendo le fasi di pre-produzione, produzione, distribuzione, uso, riciclaggio e dismissione.
Quanto pesa sull’ambiente lo smaltimento degli scarti di produzione e quello degli strati di impermeabilizzazione derivanti da attività di demolizione o rifacimento delle coperture?
Se ad oggi, il conferimento in discarica è ancora quello più diffuso perché apparentemente più rapido ed economico, la tendenza è quella di adottare soluzioni più vantaggiose in termini ambientali ed economici. Lo smaltimento in discarica infatti comporta una perdita dell’energia feedstock delle membrane che potrebbe essere recuperata attraverso la termovalorizzazione, si riuscirebbe in questo caso a recuperare energia feedstock sotto forma di energia elettrica e/o termica. Questa tecnologia di smaltimento è però ancora poco utilizzata per le complessità tecniche, gestionali ed amministrative e comporta lo svantaggio della produzione di emissioni durante il processo. E’ l’attività di riciclo, nello stesso ciclo produttivo e nel ciclo produttivo dell’asfalto stradale, quella sulla quale le grandi aziende produttrici di membrane bituminose stanno concentrando i propri sforzi al fine di migliorare la fattibilità di questa operazione attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative. Se è vero che i costi di investimento sono alti, il riciclo comporta però notevoli e indubbi vantaggi: l’energia feedstock propria delle membrane viene recuperata e gli impatti ambientali che derivano da questa modalità di gestione sono nulli; vi è poi un risparmio di produzione di materie prime vergini sia in fase di riciclo in produzione che in fase di riciclo in altri sistemi industriali. Per quanto concerne quest’ultimo ambito ad esempio, i rifiuti di bitume polimero sono impiegati come materia di base per la preparazione di conglomerati bituminosi speciali. Nel settore strade vi è poi un interesse crescente da parte di entrambi i comparti produttivi per la ricerca di procedure più agevoli per il recupero della membrana durante la fase di smantellamento delle coperture; i produttori di membrane risparmiano così dei costi di smaltimento, i produttori di conglomerato risparmiano materie prime vergini, tutti ci risparmiamo un po’ di emissioni in atmosfera e il consumo di risorse non rinnovabili.
Per quanto riguarda invece il riciclo in fase di produzione, il tentativo è quello di ridurre costantemente gli scarti e di destinare molti di questi al riutilizzo per lo sviluppo di nuovi prodotti nell’ambito del sistema tetto (per esempio come elementi di finitura delle membrane, giunture angolari o angoli di protezione per il packaging). Gli scarti generati possono essere trattati in modo anche da permetterne il recupero nello stesso processo; uno dei sistemi ad esempio disponibili è quello che prevede la triturazione dei residui di membrana in parti fini idonee ad essere reinserite a monte nel processo di miscelazione.